Unità e pluralità – Pentecoste Anno C

Unità e pluralità – Pentecoste Anno C

At 2,1-11: Tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare.

Sal 103,1ab.24ac.29bc-30.31.34: Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.

Rm 8,8-17: Quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.

Gv 14, 15-16.23b-26: Lo Spirito di verità vi guiderà a tutta la verità.

Le letture di questa domenica di Pentecoste ci invitano a riflettere su due punti importanti:

  1. La pluralità. La discesa dello Spirito sugli Apostoli permette loro di poter parlare altre lingue, cioè li rende capaci di entrare in comunicazione con realtà diverse dalla loro. La Chiesa è missionaria non solo perché si muove per annunciare il messaggio liberatore di Gesù, ma anche perché è chiamata a saper abbandonare i suoi schemi e paradigmi per farsi capire dai suoi interlocutori. Non sono questi, infatti, che devono adattarsi e impegnarsi per comprendere il messaggio che la Chiesa annuncia, ma è quest’ultima che ha il dovere di riformularsi e rinnovarsi, di parlare il linguaggio di chi le è dinnanzi, usando la sua cultura, la sua visione del mondo, la sua storia e il suo contesto per mostrare la bellezza del messaggio di Gesù. Ciò significa che una Chiesa che si lascia guidare dallo Spirito è una Chiesa della pluralità, una comunità multiforme, in quanto assume i diversi volti delle persone con cui interagisce.
  2. Unità. Questa pluralità che brevemente abbiamo analizzato non va contro l’unità, ma è chiamata a rafforzarla. Una comunità cristiana sempre più globale non può che assumere la sua identità plurale, senza per questo abbandonare ciò che le è proprio, l’unità. Ce lo ricorda San Paolo quando dice che nella comunità ci sono tanti carismi e ministeri, ma tutti sono ordinati al bene comune, che significa essere “un unico” corpo di Cristo. Se abbiamo lo Spirito siamo figli e se siamo figli siamo fratelli, cioè un solo corpo. L’unità, tuttavia, non va confusa con l’uniformità, dove tutti devono pensare e affermare la stessa cosa. La Chiesa, ricorda papa Francesco, non è una sfera, ma un poliedro, che sappiamo composto da molti volti, ma che insieme costituiscono l’unica figura geometrica del corpo di Cristo. Infatti, fin dalle sue origini, la comunità dei credenti è sempre stata un insieme di tradizioni e linee di pensiero diverse, tutte accomunate dalla fede nell’unico Signore Gesù e da un unico battesimo.

Una comunità di credenti ripieni di Spirito Santo, quindi, è capace di esaltare la pluralità e di mantenere l’equilibrio nell’unità. Ben vengano le diversità e non la convinzione che il modello cristiano eurocentrico sia l’unico valido.

Il criterio per accogliere questa diversità in una Chiesa globale e contemporaneamente locale è l’amore e la liberazione. In altre parole, dove la diversità serve a costruire la comunità credente, dove questa poliedricità è al servizio dell’amore e di un cammino che serve ad aiutare i credenti a crescere nella maturità e nella libertà, allora questa diversità non danneggerà mai la Chiesa, ma la rafforzerà interiormente e verso l’esterno.

Una Chiesa che riceve lo Spirito Santo è una comunità che non può permettersi di ripetere gli stessi gesti del Maestro perché così rimarrebbe nel passato, idolatrandolo come unico scenario valido.

Quella che riceve lo Spirito è allora una Chiesa chiamata ad essere adulta, che ha appreso gli insegnamenti di Gesù nel suo senso più profondo, per applicare il suo spirito e non la sua lettera. Pertanto, la Chiesa ha sempre bisogno di ascoltare questo Spirito che non smette mai di riempirla, per raccogliere le sfide e i problemi che derivano dal confronto con la società e che, in fondo, nascondono la richiesta di una continua conversione che la chiesa stessa deve vivere.

Lo Spirito è sinonimo di novità, trasformazione, invito al cambiamento. Ciò è cosí perché la Vita è un flusso continuo di elementi inediti che sorprendono e ci spingono ad andare più in là rispetto alle situazioni in cui ci stiamo accomodando. Non è un caso che la storia della salvezza sia disseminata di queste uscite che aprono alla Vita: Abramo farà grandi cose perché lascia Ur per seguire strade inesplorate; José viene portato via dalla sua casa per andare in Egitto, da dove nascerà una nuova storia per sé e per la sua famiglia; Mosè è chiamato a vincere se stesso e il Faraone, affinché il popolo ebreo lasci la sua situazione di «comoda» schiavitù e si diriga verso il deserto; e gli esempi potrebbero moltiplicarsi.

Per questo auguro a noi e a tutta la comunità credente di lasciarci riempire dallo Spirito, che è un altro modo per dire: lasciamoci colmare dalla voglia di vivere e di affrontare il mondo con entusiasmo e creatività, costruire noi stessi sulla Roccia che è Cristo e costruire un mondo più libero e più umano, più rispettoso e plurale, più uno e più autentico.

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